Banner Regione del Gusto 2024 Mobile

La casa delle streghe

La casa delle streghe

Tra i ruderi di Prada Alto, a nessun edificio è stata riconosciuta tanta fama nella tradizione popolare quanto alla cosiddetta “casa delle streghe”.

Tanto tempo fa, si dice sia stata la casa di una vedova che vi viveva con suo figlio. Quest’ultimo si sposò con una ragazza benestante e così, poco dopo il matrimonio, una sera, disse alla moglie: «Margherita, preparami il pranzo al sacco per domani mattina. Voglio partire di buon ora per andare a Sassiglion a fare fieno!»

«Sarà tutto pronto, mio caro Antonio,» rispose la donna. Il giorno seguente ancor prima del sorgere dell’alba dorata, furono pronti vitto e carro, in perfetto ordine.

Quando Antonio fece per partire si accorse che anche sua moglie si era preparata per accompagnarlo alla volta della montagna.

«Vedo che vuoi venire anche tu» notò il giovane. «Voglio accompagnarti perché devo proteggerti da un grande pericolo, anzi, dalla morte» rispose Margherita.

«Allora vieni!»

Senza incontrare ostacoli particolari, raggiunsero la loro meta. Dopo aver pranzato, caricato e ben fissato il fieno nel carro, abbandonarono il prato e imboccarono la via del ritorno senza grossi impedimenti. Ad un tratto la donna, che camminava innanzi alla carrozza, si fermò di soprassalto e disse al marito: «Dammi l’ascia, devo tagliare una radice che cresce attraverso il sentiero, altrimenti sarai perduto.»

In fretta, l’uomo le passò l’arnese e con un gesto deciso ella tagliò la radice in due parti, prima che Antonio la raggiungesse. Dopodiché, i due ripresero il cammino ed arrivarono sani e salvi alla loro casa a Prada Alto.

«Cos’è questo?» Chiese Antonio preoccupato, «Da dove provengono questi lamenti?»

«La voce proviene dal soggiorno. Va’ a vedere cosa succede», disse Margherita.

Il giovane si precipitò nella stanza dove gli si presentò una scena orribile che per poco non gli spezzò il cuore:
la sua vecchia madre giaceva sul letto con i piedi mozzati e gridava disperatamente dal dolore.

«Margherita!» gridò Antonio, «Guarda che tragedia!» La moglie arrivò subito.

«Guarda in quale stato pietoso si trova mia madre.»

Con un cenno Margherita gli fece capire che era già al corrente di tutto e disse: «La grossa radice che abbiamo incontrato sul nostro cammino e che ho reciso in due parti, era la tua cara madre. Io sapevo che eri minacciato da una sciagura e quindi ti ho accompagnato.

Ieri notte, quando giacevi al mio fianco immerso nel più dolce sonno, fui svegliata da un incubo. Allora sentii un urlo proveniente da sotto, dalla cantina o dalla stalla, come di una persona che si trova in grande pericolo.
Continuai ad ascoltare e udii due voci che sembravano quelle di due persone che litigavano. Una delle voci, che sembrava quella di un uomo, chiedeva: ‹Perché oggi non hai compiuto la stregoneria che ti ho ordinato? È così che mantieni la tua parola, sciagurata?›

Chi era quest’uomo e chi la povera donna? Nessun altro che il Maligno in persona e tua madre, che, secondo quanto dice la gente, è una strega. Facevo fatica a credere
a queste dicerie, ma quel che ho visto ieri notte con i miei stessi occhi, mi ha convinto che questa donna ferita e mutilata, tua madre, è davvero una strega e che è in contatto diretto con il Demonio, come tutte quelle della sua specie.

Il Maligno la picchiava e per farlo cessare lei ha gri-dato: “Smetti di punirmi e ti giuro che domani ti servirò doppiamente; mio figlio si recherà sul monte per il fieno e sarà la mia occasione per fargli rompere il collo.”

Sentendo questa promessa, il Diavolo smise di colpirla e io non udii più nulla. Allora mi giurai che ti avrei salvato. Tagliando in due quella radice, ho staccato le gambe alla strega che di lì a poco ti sarebbe saltata addosso. Ora sai tutta la faccenda».

«Cosa mi tocca sentire? È vero, mamma?» gemette Antonio.

«Me misera, me tre volte misera!» Urlò la madre con tutta la forza che le era rimasta. «Sono innocente e chiamo Dio a mio testimone.» Antonio credette a sua moglie, e, prigioniero della superstizione, ritenne che sua madre fosse davvero una strega. Si recò subito a Poschiavo dal podestà, a cui raccontò la vicenda. Quest’ultimo mandò le guardie, che trascinarono la donna mutilata al municipio.

Già il giorno seguente, il suono cupo della campana della Torre riecheggiò nella valle: chiamava un severo signor magistrato a presidiare un tribunale meticoloso.

Avvolti nei loro mantelli, spade al fianco, i giudici sedevano sulle loro sedie imbottite. I loro visi rivelavano un’espressione severa. Dopotutto erano stati chiamati ad approfondire un crimine, ad accordarsi su un giudizio che avrebbe determinato la vita o la morte di una persona.

Le chiesero se riconosceva di essere una strega e se ammettesse di essere in combutta con il Diavolo.

Singhiozzando, lei ripeteva: «No.»

«Beh…» disse il podestà, «Di tutte le donne che abbiamo interrogato in questo luogo di giustizia, nessuna ha mai voluto ammettere apertamente la propria colpa.
È sempre stato necessario ricorrere alla tortura e consultare i testimoni, e anche oggi dovremo procedere in questo modo.» Quindi fu applicato il primo strumento, la tortura.

Tuttavia, il terribile mezzo non portò ad alcun frutto. Si passò così all’interrogatorio dei testimoni. Si rivolsero anzitutto al querelante, il figlio dell’accusata, il quale disse: «Stufa, dimmelo tu se mia mamma è davvero una strega oppure no!»

E udite udite: dalla stufa si sentì un percettibile: «Sì!»

«Di cos’altro abbiamo bisogno? Nessun tribunale ha mai avuto prova più chiara», disse il giudice. «Possiamo pronunciare la sentenza». Quest’ultima dichiarava che la Corte aveva unanimemente giudicato “colpevole” la sfortunata donna, che fu consegnata direttamente alle fiamme davanti a una folla acclamante.

Vittima dell’ignoranza e della superstizione, la povera madre spirò sul rogo. Per rispetto della “giustizia” anche la sua casa fu bruciata e nella pietra sull’architrave della porta del rudere furono scolpite due chiavi incrociate (stemma del Tribunale e del Comune) per segnalare che non era permesso ricostruirci un edificio, in quanto luogo maledetto.

Questo bollo era ben riconoscibile fino a pochi anni fa e ancora oggi il rudere è chiamato «casa delle streghe».

Rimani in contatto con la Valposchiavo!

Valposchiavo Turismo

Vial da la Stazion
CH-7742 Poschiavo

ok GO

+41 81 839 00 60
info@valposchiavo.ch

Utilizzando www.valposchiavo.ch, accetti il nostro uso dei cookie, per una migliore esperienza di navigazione.